«Toc toc»

Ehilà! Credo sia arrivato il momento di spiegare qualcosa, eh? Tipo dove sono sparita e cosa ne sarà di questo postaccio.
Direi che vi devo una storia completa; se non vi interessa, saltate pure all’ultimo paragrafo.

Bene, da dove comincio?
Tutto è iniziato quando sono diventata povera. Sempre stata, eh, ma a un certo punto non mi sono più potuta permettere una connessione internet, con conseguente isolamento forzato dal mondo. Poi è iniziata la lotta per la sopravvivenza – il cibo costa molto più dell’ADSL, e così le bollette e altre volgarità – e per il diritto allo studio, a pochi mesi dall’inizio di una carriera universitaria disastrosa.
Il resto è una conseguenza: non ti puoi permettere i libri su cui studiare, cosa che ti fa perdere la borsa di studio per mancanza di crediti; non ti puoi permettere di pagare le tasse universitarie, quindi continui a dare esami che poi non ti possono essere verbalizzati; senza esami non puoi chiedere altre borse di studio; ripeti. Condisci con disastri random in famiglia e tanta, tanta apatia e avrai il piatto di cenere desiderato.

In tutto questo non ti viene voglia da mandare avanti un blog che ti ricorda la tua vita mancata, quella in cui anzichè ingegneria studi storia romana e hai tempo di leggere anche libri veri e parlare con persone vere, non sagome di cartone che dormono col manuale di termofluidodinamica sotto il cuscino.
Ed ecco spiegato perché non ho più voluto vedere questo posto, nemmeno per revisionare e pubblicare le bozze di articoli già pronti. Ah, e poi c’è il fatto che sono passati anni dall’ultimo buon libro letto e non ti senti esattamente un letterato – dove con letterato intendo uno in grado di coniugare i verbi.

L’ultima secchiata di fatti miei riguarda il fatto che mi sono innamorata, e dunque sono feli-trist-feli-trist-ma sì, diciamo pure felice. Compatibilmente col mio ottimismo.
Per cui nel complesso va tutto bene e dovrei essere in grado di riprendere a scrivere. Solo che, ehm…

Il succo del discorso

L’ordine del giorno è che sì, riprenderò a scrivere, ma non qui. L’idea è: mi trasferisco nonsapretemaidove (spero) e riparto da zero. Questo blog smetterà ufficialmente di essere aggiornato; se vi eravate iscritti, annullate tutto senza tema. Anche la pagina di Facebook verrà chiusa.
Credetemi se dico che per me è una staffilata – in questo buco ci sono cresciuta – ma va fatto. Quindi arrivederci o addio a voi che avete letto fin qui e grazie del vostro tempo.

Sayōnara! ^_^

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Oggi compio diciott’anni. Avevo pensato di festeggiare andando alla prima lezione di scuola guida e pubblicando un articolo particolare, che tuttora giace quasi completo fra molte bozze.
Stavolta è successo qualcosa di veramente grosso, abbastanza da spingermi a chiudere definitivamente i battenti. Però non voglio che questo blog muoia, proprio perché gli eventi sembrano cospirare contro di esso, quindi non deciderò adesso.

Okay, basta con le affermazioni criptiche e vagamente deprimenti.
Grazie a tutti coloro che sono passati e passeranno di qua, ai lurker che conquisteranno il mondo, a quelli che leggono, votano, condividono e m’impediscono di trasformarmi in un’orchessa, a quelli che nei commenti cercano d’inculcarmi un po’ di cultura e buonsenso e a volte ci riescono, a quelli che poi vogliono conoscermi e ovviamente restano delusi.

Avere un blog è una figata immane.

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Time!

Eh? Un solo articolo in tutto maggio? Si batte la fiacca!

In effetti sì, sto poco bene. In una settimana dovrei tornare come nuova.

E allora?

Visto che il lunedì, il giorno in cui di solito pubblico, c’è sempre un incremento delle visite, ho pensato che sarebbe stata una frode farvi tornare qui, regalarmi una visita e non farvi trovare niente di nuovo. Quindi a risentirci a giugno e scusate — mi farò perdonare!

Seh.

Vi vedo perplessi.

2013!

Eccolo, il post di convenevoli che tanto temevate. Dunque… auguri per un anno migliore di questo – più sereno o più esplosivo, scegliete pure – e grazie per essere passati, per caso o per volontà vostra, da qui. Fatto! Ora concedetemi un riepilogo.

Ho ricevuto più di diecimila visite. Considerando che quelle del 2010 e del 2011 fanno in tutto quattromila e che ci sono stati quattro o cinque mesi di silenzio, è una cifra mostruosa. Anche perché ho pubblicato solo ventiquattro articoli, che sono pochi anche spalmati su otto mesi di attività effettiva. Invece sono cifre davvero piccole, in proporzione agli altri blog, per quanto stabili e in aumento. Ma a noi non ce ne frega niente. Da quello che ho visto quest’anno, con tutti i flame idioti scattati sui blog da migliaia di visite al giorno, apprezzo di più la tranquillità sonnacchiosa – cielo, ma l’ho scritto io? – di questo posto. Vi trovate su un’isola felice: piccola, selvaggia e incontaminata. E ora basta con gli aggettivi.

Tranquille, ragazze, qui non ci si abbronza: la vostra pelle rimarrà candida come si addice a tutte le signorine di buona famiglia! [Modalità “Fake del Duca” prepotente…]

Il picco di visite, come sempre in controtendenza rispetto agli altri siti, si è verificato sotto le feste: il 17 dicembre, con 252 accessi da parte di 48 persone diverse. Una media di cinque pagine viste ciascuno, dunque, che attesta come questo posto non sia ripugnante. Non a prima vista, almeno.
Abbondano anche i lettori che arrivano e si leggono l’intero blog, tutti e centoquaranta gli articoli, d’un fiato, in un giorno. Lode a loro, non so come facciano.
Sorprendentemente, gli articoli più visti sono quelli sul De Bello Gallico, che pure non hanno racimolato uno straccio di commento. In ogni caso, il progetto si concluderà quest’estate con qualche colpo di scena. Anche i post storici torneranno, perché hanno il loro potenziale – mi basta capire come non ammazzarlo: niente più polpettoni di trentordicimila parole, tanto per cominciare!

Rivolgimenti

Questo blog è cambiato. Non solo ha assunto un aspetto che non piace a metà dei suoi ospiti – spero non si stacchino loro le retine – ma ha sgomitato e si è rigirato fino a trovare la sua forma definitiva: storia e libri, con qualche possibilità di divagare. Più o meno quello che fece Zweilawyer a suo tempo, anche se me ne accorgo soltanto adesso. Beh, funziona.
In secondo luogo, un mese fa ho tolto la moderazione. Se prima vi occorreva la mia approvazione per pubblicare il vostro primo commento, ora qualunque cosa diciate apparirà immediatamente. Gli spammer infatti sono arginati con efficienza e di troll non se ne vedono. Proprio ora, Gamberetta è stata costretta alla misura contraria per mantenere la civiltà a casa propria. Questo per dire, ora e mai più qui, che la blogosfera italiana deve morire, se riesce a soffocare una tosta come la Dea. Staremo a vedere.

Troll, venite a prenderle. ಠ_ಠ

In terzo luogo, potete votare tanto gli articoli quanto i commenti, ovviamente in forma anonima. Trattasi di un’attività ludica molto utile per la sottoscritta, che così può capire come vanno le cose al di fuori della sua testolina. Finora ha ricevuto solo lodi e un’obiezione idiota, quindi sentitevi in dovere di rovinarle la media!

Tutto qua. Se vi può interessare, per quanto mi riguarda il 2012 è stato un anno molto produttivo: a partire da giugno ho letto trentacinque buoni libri, ho messo su carta una decina di battaglie, due o tre racconti (veramente molti di più, ma dopo un po’ li butto) e forse mezzo centinaio di pessimi disegni, ho finito un diario personale e me ne sono creata un altro, ho imparato un po’ di giapponese, mi sono tagliata la frangetta da sola. In più, ho usato un po’ di coraggio per allontanare alcune persone nocive, mentre altre, positive, si sono avvicinate a me – sapete, il magnetismo. Per il resto, tutto quello che poteva andare storto l’ha fatto (legge di Murphy: ci credo!), e per questo non escludo la possibilità di avere altri mesi di silenzio stampa come quest’estate.

A voi! Che mi dite del vostro anno?

Work in progress

Attenzione-attenzione: tempo qualche ora e questo blog diventerà un posto rispettabile, almeno all’apparenza. Se ci sono problemi a trovare quello che cercate – un post o un commento -, ditelo e vedrò di risolvere il problema. E ditemi un’altra cosa: è bello o non è bello il nuovo vestitino? 😀

Sto ammucchiando tutti gli articoli di cui non vado più fiera, cioè i più vecchi, in una categoria a parte: Il Dimenticatoio. Fate il piacere di non leggerli, perché appartengono a un’altra età. Avrei voluto cancellarli, ma non sarebbe stato molto corretto. Anche perché piacciono ancora, con mio sommo scorno.

Ah, sappiate che ci sono delle ragioni molto profonde dietro questo cambiamento di aspetto. È una forma di protesta contro la società, che condanna i bei blog pieni di fiorellini e dallo sfondo lilla come “leggeri”. Ebbene sì. Esistono delle persone che, vedendo dei colori pericolosamente vicini a quelli delle Barbie e leggendo che gli autori dei suddetti osano avere solo diciassette anni, si permettono di giudicarli “non impegnati”. Il mio, signore e signori, vuole essere un gesto forte per gridare No! alla sottovalutazione dei poppanti. Anche noi abbiamo la nostra dignità di pivelli, anche noi facciamo Letteratura, Giornalismo e in generale Qultura. Lo dimostra per tutti il mio coraggio nel mettere uno sfondo macabro e orripilante, che farà certo inorridire tutti i perbenisti! Andate dunque, miei diletti, e raccontate ai Greci al mondo intero della ragazza che, sola, alzò la testa e attraversò le mura fiammeggianti del mondo in nome dei deboli e degli oppressi! Per la libertà!

Sì, sto delirando.

Torno a giocare con le bambole.

Ancora qui!

Oh, beh, dopotutto un modo per scrivere al mondo l’ho trovato. Ci ho messo circa tre mesi a pensare alla biblioteca comunale, che Internet lo regala. O meglio, regala 75 minuti per volta su un browser lentissimo. Fa niente, fa niente!

Dunque, già immaginandovi a piangere lacrime di gioia (o sono gli sbadigli a farvi inumidire gli occhi?), sintetizzo: sono tornata e voglio sprecare il post numero 141 – questo – per riambientarmi.

Cominciamo dalle letture. Senza Internet, è quello che ogni asociale farebbe: leggere per dodici ore al giorno (l’altra mia passione è dormire, che richiede almeno altrettanto tempo e impegno), e così da metà giugno a metà agosto ho fatto fuori i miei venti libri, di cui sette sono stati praticamente trasferiti su carta con gli appunti. È venuto un bel quaderno, sapete. Copertina verde, scritte verdi sia in orizzontale che in verticale e fogli-séparé verdi. *Si frega le mani, consapevole del fatto che questo è il massimo di descrizione che possa sopportare* E poi, in questo famoso quaderno – devo dargli un nome! – ci sono gli appunti sul de Bello Gallico. Su questo punto ho un’informazione per voi, e cioè che il Quinto e Sesto Libro verranno trattati nello stesso, breve articolo, perché non sono molto interessanti (almeno ai miei fini: non ho intenzione di parlarvi dei maledetti druidi, mi agito solo a parlarne), dopodiché descriverò la battaglia di Carre del 53 a.C., in cui muore Marco Licinio Crasso, ottemperando finalmente allo spirito del “Progetto dBG“: fare un quadro d’insieme dell’epoca e, soprattutto, dei suoi protagonisti.

Il Libro Settimo sarà, ovviamente, il clou. Se verrà bene l’articolo che gli voglio dedicare, allora l’intera opera potrà dirsi riuscita. Tuttavia, sono preoccupata dalla mole d’informazioni da dare – fate conto che ho un resoconto della sola battaglia di Alesia da non meno di tre saggi, e molte più fonti da citare in altri punti. Vedrò strada facendo. Intanto l’obiettivo è rendere i post storici un po’ più interessanti di uno stupido compendio dell’opera in questione. A questo fine, è probabile che darò poca (leggi: nessuna) rilevanza al libro conclusivo del de Bello Gallico, l’ottavo: a quel punto, la Gallia è pacificata, si tratta solo di mettere mano alla giustizia e all’organizzazione in Province. Non è nemmeno scritto dal Divo Giulio. Infine, mi piacerebbe chiudere con una panoramica sulle guerre di Cesare, dalle Spagne, alle Gallie, all’Africa. Non escludo la narrazione delle battaglie decisive, come Tapso e Munda, ma sarà molto in là coi mesi. Meglio non pensarci!

Tornando ai libri letti, vorrei citare quelli che mi sono piaciuti di più.

Il canto di Troia, della solita, fantasticissima McCullough, parla dell’assedio della città passato alla Storia grazie a Omero. Sebbene ogni capitolo sia narrato da un personaggio diverso, vorrei zittire tutti gli amanti di Baricco prima che gli brillino gli occhi: la McCullough è un’altra faccenda. Lei scrive storie che stanno in piedi dal punto di vista tanto della coerenza quanto dello stile, Baricco è un parolaio. Per quanto unico nel suo genere (ehi, Novecento è bello, secondo me!), se si parla di Storia, la regina abita in Oceania.

Scorrete lacrime, disse il poliziotto, e Le tre stimmate di Palmer Eldritch sono gli unici romanzi di Philip K. Dick in mio possesso. Due belle letture che devo al Tapiro. Dirò solo che Dick è la McCullough delle droghe! (Okay, analisi superficiale e antipatica, ma abbiate pietà: sono gli unici libri che abbia letto con leggerezza, quest’anno :P)

Io sono leggenda. Già vi sento strillare: Arr, non l’aveva ancora letto! Beh, adesso sì, e l’ho apprezzato molto, pur non essendo tipo da finale negativo. Mi sento la coscienza sporca, se il protagonista muore. Voglio dire, forse avrei potuto impegnarmi di più nella lettura… magari, se avessi letto con più calma, sarebbe spuntata una via di fuga… Oh!

Non avevo mai voluto leggere La signora delle camelie perché Verdi mi sta antipatico, e dunque per principio devo odiare anche il romanzo che ha musicato. E poi perché si sa che il talento salta una generazione, e io sono un’ammiratrice dei Tre moschettieri. Aspettative deluse: Dumas figlio si fa leggere in quattro, rilassanti ore. Forse, se lo riguardassi ora, mi annoierebbe per quant’è semplice la storia: ero in un periodo romantico, a fine luglio. Vi saprò dire se mi piace a prescindere quando mi ricapiterà sotto mano in un periodo cinico. Una frase, nell’ultima pagina del libro, mi ha molto colpita:

“Non sono l’apostolo del vizio, ma mi farò l’eco della nobile infelicità dovunque la sentirò supplicare.”

La solita frase a effetto che non vuol dire granché; trovo affascinante il fatto che non sia stata posta all’inizio e che, nell’edizione del 1872, fosse stata censurata, insieme a moltissime altre parti della storia.

Tre uomini in barca e Tre uomini a zonzo, di Jerome K. Jerome, sono stupenderrimi. Ridacchiavo esattamente una volta ogni due facciate – poi ho letto l’introduzione, che in sostanza dice che non c’è proprio niente da ridere, la situazione è autobiografica e lo humour è nero, per far riflettere. Ma non temete, ormai avevo finito il volume e non avevo voglia di rileggerlo per piangerci su. Avrei anche voluto riportarne qualche stralcio, dato che è abbastanza poco conosciuto, ma mi sono accorta che le battute migliori fanno schifo, se estrapolate dal contesto.

Marstenheim, di Angra, era nel mio Kindle da quasi un anno, ma onestamente non l’avevo stimato un soldo di cacio, dato che il blog dell’autore sta andando in malora e gli avevo messo gli occhi addosso solo per i commenti su Baionette e Gamberi Fantasy (come è accaduto per quasi tutti i blog elencati qui, fra i miei preferiti. Che modo scialbo per trovare persone dal cuore nobile!). Invece risponde alla definizione di faigo: uomini-ratto che parlano come vu-cumprà, vampiri – niente paura, questi sono fatti come si deve, e uno dei due è kattivo –, una città in decadenza afflitta dalla ‘peste verminosa’, che tramuta in zombie (uno dei quali ama i burattini), fanatici religiosi con più di una somiglianza ai cristiani… e una resurrezione! Ah, e pure qualche riferimento a certe, uhm, pratiche dell’amore, non del tutto socialmente accettate. Lol. Questa è stata la lettura più piacevole dal dicembre scorso, dopo Pan di Dimitri.

Infine, orrore degli orrori… Il fu Mattia Pascal! Il libro imposto dalla prof di lettere! Cielo, ma è mai possibile? Sì, nonostante tutti quei viaggi filosofici – che pure, complimentoni all’autore, sono comprensibilissimi, per essere roba scritta da un italiano – c’è persino dell’ironia. Ammetto di aver riso con molto impegno durante la scena della seduta spiritica, con la medium che si prende un pugno nei denti dallo spirito evocato e il fu Mattia che ha l’ardire di baciare Adriana (alter ego di Lucia Mondella, ahimè), nonché la disputa sul fatto che il Cristo fosse “il più brutto degli uomini”.

Infine, sto riassumendo (faticaccia, regà…) in contemporanea due libri di Andrea Frediani, cui confido qui, su questi lidi dimenticati dagli dèi, il mio imperituro amore di studiosa. Da grande *tuffo al cuore* voglio essere come lui!

Okay, la smetto. I libri sono Le grandi battaglie di Roma antica (che però narra solo quelle decisive) e I grandi condottieri di Roma antica.

Per carità, hanno i loro difetti. A cominciare dal fatto che Frediani pare così convinto che il plurale di homo sia homini da scriverlo due volte. E poi, fra i due volumi, mai che collimi una data o un numero di truppe, santo cielo. Ma è colpa delle fonti dell’epoca, che più sono lontane nel tempo dagli avvenimenti e più si ostinano a dire che sono loro e non i contemporanei ad avere le cifre giuste. Fortunatamente, non ho intenzione di andare così vicino alla caduta di Roma da dovermela vedere coi panegiristi cristiani. Mi fermo al diletto Traiano con I condottieri e a Masada con Le battaglie.

Un altro libro che sto pazientemente rosicchiando è il pessimo Le 101 donne più malvagie della storia, di Stefania Bonura (che però chiamo sempre Simona Ventura). È un libro pressappochista, e ho qualche dubbio sull’utilizzo che fa delle fonti: pur di mostrare la cattiveria di quelle povere donne – per cui, personalmente, parteggio – elenca le maldicenze di qualunque storico, senza citare i passi (così, accidenti, non posso controllare quello che scrive!). E si sa che lo “storico” dell’antichità è sostanzialmente un pettegolo che non si accontenta dei fatterelli di paese. Però mi fa comodo, visto che non conosco nemmeno di nome la maggior parte delle protagoniste.

Ancora non ho ripreso il passo coi blog che seguo: mi son persa centinaia di commenti! Ma è a questo che serve la scuola: a mettermi voglia di ripescarli e leggerli tutti invece di studiare. Ho visto però che il Tapiro mi ha sbudellato Jack Vance – un narratore “di second’ordine”, mi pare abbia scritto. Per quanto mi riguarda, apprezzo la fantascienza, ma non ne ho mai fatto una passione. Di Vance ho letto solo il ciclo di Tschai, collage di City of the Chasch, Servants of the Wankh, The Dirdir e The Pnume, forse sette anni fa. Vi risparmio l’esclamazione “Bei tempi, quelli!”, dato che di quando avevo dieci anni non mi ricordo manco un po’. Mi era sembrato così bello! Dunque qualche sera fa l’ho riaperto, sperando di non condividere il giudizio del Tapiro, e invece… la Noia! Ho dovuto saltare il prologo, o sarei morta lì.

Da quella sera in poi ho fatto il solenne giuramento (puntualmente infranto, sennò che giuravo a fare?) di riprendere tutti i libri letti da piccina e farmene un’impressione più studiata, e ho trovato che le storielle senza pretese mi piacciono ancora – Il cacciatore di draghi, di Tolkien, in testa, e La cacciatrice di draghi, un Harmony (sigh…), in coda. Non chiedetemi come sia entrata in possesso di quest’ultimo, per cortesia: potrei anche dire la verità.

Sono i romanzi di fantascienza a crearmi problemi: non me ne piace più uno, di quelli che ho riguardato. E dire che mi sentivo così orgogliosa di leggere quelle schifezze! Bah. È proprio Vance a salvarsi, e non credo che potrò mai trovarlo meno che ammaliante. Come il Richard Rahl di Goodkind, povera me.

Per quanto riguarda le prossime letture, credo di seguire i consigli dei blogger che seguo. Finora mi ha portato solo belle esperienze.

Per concludere, a titolo d’informazione sappiate che ho passato un esame di lingua inglese della Cambridge University, l’F.C.E. Se arriverò alla fine di questo ciclo di certificati (ne ho acquisiti tre nell’arco degli ultimi quattro anni, e credo me ne manchino altrettanti), ciò dovrebbe aiutarmi a racimolare uno straccio di lavoro.

Credo di avervi detto tutto. Ogni anima pia che voglia informarmi degli scandali dell’Internet negli ultimi tre mesi e mezzo, o anche solo farsi viva (ha-ha! Un’anima che si fa viva!), sarà ricompensata con l’opulenza di un semplice Grazie.

Con euforia.

P.S.: Carino 300, il film. Per anni l’ho liquidato come trash, poi mi ci sono abituata abbastanza da fare gli occhietti a cuoricino sia a Leonida che a Gerard Butler, e così mi sono documentata. La probabile conseguenza è che, tempo un anno, su questo blog si parlerà anche di antica Grecia.