Ancora qui!

Oh, beh, dopotutto un modo per scrivere al mondo l’ho trovato. Ci ho messo circa tre mesi a pensare alla biblioteca comunale, che Internet lo regala. O meglio, regala 75 minuti per volta su un browser lentissimo. Fa niente, fa niente!

Dunque, già immaginandovi a piangere lacrime di gioia (o sono gli sbadigli a farvi inumidire gli occhi?), sintetizzo: sono tornata e voglio sprecare il post numero 141 – questo – per riambientarmi.

Cominciamo dalle letture. Senza Internet, è quello che ogni asociale farebbe: leggere per dodici ore al giorno (l’altra mia passione è dormire, che richiede almeno altrettanto tempo e impegno), e così da metà giugno a metà agosto ho fatto fuori i miei venti libri, di cui sette sono stati praticamente trasferiti su carta con gli appunti. È venuto un bel quaderno, sapete. Copertina verde, scritte verdi sia in orizzontale che in verticale e fogli-séparé verdi. *Si frega le mani, consapevole del fatto che questo è il massimo di descrizione che possa sopportare* E poi, in questo famoso quaderno – devo dargli un nome! – ci sono gli appunti sul de Bello Gallico. Su questo punto ho un’informazione per voi, e cioè che il Quinto e Sesto Libro verranno trattati nello stesso, breve articolo, perché non sono molto interessanti (almeno ai miei fini: non ho intenzione di parlarvi dei maledetti druidi, mi agito solo a parlarne), dopodiché descriverò la battaglia di Carre del 53 a.C., in cui muore Marco Licinio Crasso, ottemperando finalmente allo spirito del “Progetto dBG“: fare un quadro d’insieme dell’epoca e, soprattutto, dei suoi protagonisti.

Il Libro Settimo sarà, ovviamente, il clou. Se verrà bene l’articolo che gli voglio dedicare, allora l’intera opera potrà dirsi riuscita. Tuttavia, sono preoccupata dalla mole d’informazioni da dare – fate conto che ho un resoconto della sola battaglia di Alesia da non meno di tre saggi, e molte più fonti da citare in altri punti. Vedrò strada facendo. Intanto l’obiettivo è rendere i post storici un po’ più interessanti di uno stupido compendio dell’opera in questione. A questo fine, è probabile che darò poca (leggi: nessuna) rilevanza al libro conclusivo del de Bello Gallico, l’ottavo: a quel punto, la Gallia è pacificata, si tratta solo di mettere mano alla giustizia e all’organizzazione in Province. Non è nemmeno scritto dal Divo Giulio. Infine, mi piacerebbe chiudere con una panoramica sulle guerre di Cesare, dalle Spagne, alle Gallie, all’Africa. Non escludo la narrazione delle battaglie decisive, come Tapso e Munda, ma sarà molto in là coi mesi. Meglio non pensarci!

Tornando ai libri letti, vorrei citare quelli che mi sono piaciuti di più.

Il canto di Troia, della solita, fantasticissima McCullough, parla dell’assedio della città passato alla Storia grazie a Omero. Sebbene ogni capitolo sia narrato da un personaggio diverso, vorrei zittire tutti gli amanti di Baricco prima che gli brillino gli occhi: la McCullough è un’altra faccenda. Lei scrive storie che stanno in piedi dal punto di vista tanto della coerenza quanto dello stile, Baricco è un parolaio. Per quanto unico nel suo genere (ehi, Novecento è bello, secondo me!), se si parla di Storia, la regina abita in Oceania.

Scorrete lacrime, disse il poliziotto, e Le tre stimmate di Palmer Eldritch sono gli unici romanzi di Philip K. Dick in mio possesso. Due belle letture che devo al Tapiro. Dirò solo che Dick è la McCullough delle droghe! (Okay, analisi superficiale e antipatica, ma abbiate pietà: sono gli unici libri che abbia letto con leggerezza, quest’anno :P)

Io sono leggenda. Già vi sento strillare: Arr, non l’aveva ancora letto! Beh, adesso sì, e l’ho apprezzato molto, pur non essendo tipo da finale negativo. Mi sento la coscienza sporca, se il protagonista muore. Voglio dire, forse avrei potuto impegnarmi di più nella lettura… magari, se avessi letto con più calma, sarebbe spuntata una via di fuga… Oh!

Non avevo mai voluto leggere La signora delle camelie perché Verdi mi sta antipatico, e dunque per principio devo odiare anche il romanzo che ha musicato. E poi perché si sa che il talento salta una generazione, e io sono un’ammiratrice dei Tre moschettieri. Aspettative deluse: Dumas figlio si fa leggere in quattro, rilassanti ore. Forse, se lo riguardassi ora, mi annoierebbe per quant’è semplice la storia: ero in un periodo romantico, a fine luglio. Vi saprò dire se mi piace a prescindere quando mi ricapiterà sotto mano in un periodo cinico. Una frase, nell’ultima pagina del libro, mi ha molto colpita:

“Non sono l’apostolo del vizio, ma mi farò l’eco della nobile infelicità dovunque la sentirò supplicare.”

La solita frase a effetto che non vuol dire granché; trovo affascinante il fatto che non sia stata posta all’inizio e che, nell’edizione del 1872, fosse stata censurata, insieme a moltissime altre parti della storia.

Tre uomini in barca e Tre uomini a zonzo, di Jerome K. Jerome, sono stupenderrimi. Ridacchiavo esattamente una volta ogni due facciate – poi ho letto l’introduzione, che in sostanza dice che non c’è proprio niente da ridere, la situazione è autobiografica e lo humour è nero, per far riflettere. Ma non temete, ormai avevo finito il volume e non avevo voglia di rileggerlo per piangerci su. Avrei anche voluto riportarne qualche stralcio, dato che è abbastanza poco conosciuto, ma mi sono accorta che le battute migliori fanno schifo, se estrapolate dal contesto.

Marstenheim, di Angra, era nel mio Kindle da quasi un anno, ma onestamente non l’avevo stimato un soldo di cacio, dato che il blog dell’autore sta andando in malora e gli avevo messo gli occhi addosso solo per i commenti su Baionette e Gamberi Fantasy (come è accaduto per quasi tutti i blog elencati qui, fra i miei preferiti. Che modo scialbo per trovare persone dal cuore nobile!). Invece risponde alla definizione di faigo: uomini-ratto che parlano come vu-cumprà, vampiri – niente paura, questi sono fatti come si deve, e uno dei due è kattivo –, una città in decadenza afflitta dalla ‘peste verminosa’, che tramuta in zombie (uno dei quali ama i burattini), fanatici religiosi con più di una somiglianza ai cristiani… e una resurrezione! Ah, e pure qualche riferimento a certe, uhm, pratiche dell’amore, non del tutto socialmente accettate. Lol. Questa è stata la lettura più piacevole dal dicembre scorso, dopo Pan di Dimitri.

Infine, orrore degli orrori… Il fu Mattia Pascal! Il libro imposto dalla prof di lettere! Cielo, ma è mai possibile? Sì, nonostante tutti quei viaggi filosofici – che pure, complimentoni all’autore, sono comprensibilissimi, per essere roba scritta da un italiano – c’è persino dell’ironia. Ammetto di aver riso con molto impegno durante la scena della seduta spiritica, con la medium che si prende un pugno nei denti dallo spirito evocato e il fu Mattia che ha l’ardire di baciare Adriana (alter ego di Lucia Mondella, ahimè), nonché la disputa sul fatto che il Cristo fosse “il più brutto degli uomini”.

Infine, sto riassumendo (faticaccia, regà…) in contemporanea due libri di Andrea Frediani, cui confido qui, su questi lidi dimenticati dagli dèi, il mio imperituro amore di studiosa. Da grande *tuffo al cuore* voglio essere come lui!

Okay, la smetto. I libri sono Le grandi battaglie di Roma antica (che però narra solo quelle decisive) e I grandi condottieri di Roma antica.

Per carità, hanno i loro difetti. A cominciare dal fatto che Frediani pare così convinto che il plurale di homo sia homini da scriverlo due volte. E poi, fra i due volumi, mai che collimi una data o un numero di truppe, santo cielo. Ma è colpa delle fonti dell’epoca, che più sono lontane nel tempo dagli avvenimenti e più si ostinano a dire che sono loro e non i contemporanei ad avere le cifre giuste. Fortunatamente, non ho intenzione di andare così vicino alla caduta di Roma da dovermela vedere coi panegiristi cristiani. Mi fermo al diletto Traiano con I condottieri e a Masada con Le battaglie.

Un altro libro che sto pazientemente rosicchiando è il pessimo Le 101 donne più malvagie della storia, di Stefania Bonura (che però chiamo sempre Simona Ventura). È un libro pressappochista, e ho qualche dubbio sull’utilizzo che fa delle fonti: pur di mostrare la cattiveria di quelle povere donne – per cui, personalmente, parteggio – elenca le maldicenze di qualunque storico, senza citare i passi (così, accidenti, non posso controllare quello che scrive!). E si sa che lo “storico” dell’antichità è sostanzialmente un pettegolo che non si accontenta dei fatterelli di paese. Però mi fa comodo, visto che non conosco nemmeno di nome la maggior parte delle protagoniste.

Ancora non ho ripreso il passo coi blog che seguo: mi son persa centinaia di commenti! Ma è a questo che serve la scuola: a mettermi voglia di ripescarli e leggerli tutti invece di studiare. Ho visto però che il Tapiro mi ha sbudellato Jack Vance – un narratore “di second’ordine”, mi pare abbia scritto. Per quanto mi riguarda, apprezzo la fantascienza, ma non ne ho mai fatto una passione. Di Vance ho letto solo il ciclo di Tschai, collage di City of the Chasch, Servants of the Wankh, The Dirdir e The Pnume, forse sette anni fa. Vi risparmio l’esclamazione “Bei tempi, quelli!”, dato che di quando avevo dieci anni non mi ricordo manco un po’. Mi era sembrato così bello! Dunque qualche sera fa l’ho riaperto, sperando di non condividere il giudizio del Tapiro, e invece… la Noia! Ho dovuto saltare il prologo, o sarei morta lì.

Da quella sera in poi ho fatto il solenne giuramento (puntualmente infranto, sennò che giuravo a fare?) di riprendere tutti i libri letti da piccina e farmene un’impressione più studiata, e ho trovato che le storielle senza pretese mi piacciono ancora – Il cacciatore di draghi, di Tolkien, in testa, e La cacciatrice di draghi, un Harmony (sigh…), in coda. Non chiedetemi come sia entrata in possesso di quest’ultimo, per cortesia: potrei anche dire la verità.

Sono i romanzi di fantascienza a crearmi problemi: non me ne piace più uno, di quelli che ho riguardato. E dire che mi sentivo così orgogliosa di leggere quelle schifezze! Bah. È proprio Vance a salvarsi, e non credo che potrò mai trovarlo meno che ammaliante. Come il Richard Rahl di Goodkind, povera me.

Per quanto riguarda le prossime letture, credo di seguire i consigli dei blogger che seguo. Finora mi ha portato solo belle esperienze.

Per concludere, a titolo d’informazione sappiate che ho passato un esame di lingua inglese della Cambridge University, l’F.C.E. Se arriverò alla fine di questo ciclo di certificati (ne ho acquisiti tre nell’arco degli ultimi quattro anni, e credo me ne manchino altrettanti), ciò dovrebbe aiutarmi a racimolare uno straccio di lavoro.

Credo di avervi detto tutto. Ogni anima pia che voglia informarmi degli scandali dell’Internet negli ultimi tre mesi e mezzo, o anche solo farsi viva (ha-ha! Un’anima che si fa viva!), sarà ricompensata con l’opulenza di un semplice Grazie.

Con euforia.

P.S.: Carino 300, il film. Per anni l’ho liquidato come trash, poi mi ci sono abituata abbastanza da fare gli occhietti a cuoricino sia a Leonida che a Gerard Butler, e così mi sono documentata. La probabile conseguenza è che, tempo un anno, su questo blog si parlerà anche di antica Grecia.

7 thoughts on “Ancora qui!

  1. ..un inizio da sole 5 parole….ma vere : mi piace tu sia tornata.
    ..mi interessa molto il tuo parere sulle “battaglie” di Frediani,perché ritengo che lui abbia saputo comprendere bene li spirito che animava i romani (almeno nel periodo repubblicano).
    Inoltre noto,che ha evidenziato alcune cose,delle guerre di Roma,spesso lasciate in disparte.
    Mi piace che nomini anche i frombolieri…o che si ricordi che è esistita anche la battaglia dei Campi Magni (..creare una manovra avvolgente facendo scorrere i “principes” e i Triari dietro le spalle degli Hastati mi è sembrata una mossa “divina” = Allessandro Magno faceva queste cose.ma con la cavalleria!)….c’è molto altro,ma essendo io un principiante ..lascio che sia Amnell a dirci cosa c’è di veramente interessante nel libro…ma sarebbe bello parlarne già ora….
    …300 è un film distorto ed eccessivo e chiaramente visionario (..ma questa penso fosse la scelta del regista)..però penso che interpreti in maniera realistica lo spirito che animava gli opliti spartani.
    Mi sembra di ricordare che 2 sopravvissero alla battaglia…ma uno si suicidò perché privato dell’onore, e l’altro visse a Sparta (privato dell’onore) fino alla battaglia di Platea …dove morì combattendo con
    grandissimo coraggio …..ma sparta non gli concesse di riavere un “onore” postumo in quanto ritenne che il suo comportamente non era dovuto a “qualità proprie”,ma solo alla disperazione di non essere caduto insieme agl’altri alle Termopili (ma forse è solo una leggenda)…..ma non è leggenda che a Leuttra la guardia reale spartana venne battuta solo perché li uccisero tutti..senza che essi facessero un passo indietro.

    PS.
    …sei veramente mancata….ma non nei pensieri.

    Gladiumibericum

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  2. Ehhh Amnell è tornata! Evviva, evviva, evviva!
    E non sono sarcastica, sia chiaro 🙂 . Quando una personalità del web che mi piace non scrive per un po’ mi sento abbandonata…
    Ho carenze d’affetto!
    Anche io do i nomi ai quaderni, ma dall’anno scorso mi sono rotta, quindi adesso gli do dei NUMERI. Che forse sembra un po’ insensibile, però fanno la loro figura in libreria, tutti neri e con l’etichettina bianca attaccata sulla costa.
    Dei libri che hai letto ne conosco solo un paio, magari gli altri me li segno.
    Anche io dovrò fare quell’esame! Non ho idea di quando, di come e di perché… e dovrò fare anche quell’altro che ha tipo il nome di un dolcetto. Toffee. Toffle. Taffloe. Qualcosa del genere. Bah.

    Aggiornaaaaaaaaaaaaaaa

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